09 Dic Dal detto al fatto… di Renzo Masutto – Teatro Eden
Questo ‘proverbio musicale’ ha la morale semplice, diretta come è sincera e diretta la sua musica. Il rincorrersi ritmico delle crome fa da collante a melodie di facile letturacon fluidi cantabili entro una cornice di chiara e nobile fattura italiana.
Nel Lento del primo atto, Tonino e Bettina reagiscono con piccoli guizzi di morale popolana grazie ad aforismi che alla voce “…Nella forza dell’amore stesse almen la dignità “rispondono con “…Ricchezza non desidero del poco sono contenta…” e le punzecchiature espressive degli staccati del primi violini fanno da contraltare alla pacata languidezza della viola.
Bettina è giovane, innamorata, mutevole, orgogliosa e non desidera i soldi, ma un uomo onesto; Tonino da far suo è spasimante d’ufficio e cerca in tutti i modi di toglierla dalle sgrinfie di Gianni, il barbiere: povero, sprezzante della nobiltà, onesto fino a quando pensa di guadagnare tanti soldi grazie alla lotteria. L’intrigo da bottega di barbiere del Settecento viene citato dallo stesso Masutto in seconda di copertina,scrivendo: l’ambientazione deve essere fatta esattamente “nell’epoca sul termine del secolo scorso”. A far da contorno al ricordo storico stanno i due protagonisti più anziani: il Barone, un po’ rustego e un po’ saggio e la Marchesa: bella, civettuola che finge di corteggiare Gianni in accordo con il Barone.
Il collaudatissimo allestimento scenico nel primo atto prevede: una piazza del villaggio, un albergo sulla destra ed a sinistra un negozio di barbiere; nel secondo atto un fantomatico castello di Montolino con una bella sala. La trovata del biglietto della lotteria con un 66 rovesciato fa da generatore di una pazzia collettiva e di una saggezza di stampo popolano che unisce tutto il villaggio in una ricerca spasmodica del senso dell’amore e del denaro. Per funzionare, la vicenda ha bisogno della piacevolissima musica del Maestro Masutto e di un libretto ben costruito.
Brevi liriche, bozzetti musicali e qualche pezzo caratteristico contraddistinguono un gustosoro manticismo che ha perso la passionalità della matrice rivoluzionaria per caratterizzarsi entro le mura domestiche di una rivista da signore. Non abbiamo più il grande romanzo con eroi ed eroine mossi dai nobili ideali, ma sempliciotti da gazzetta che sono sostenuti dalle miniaturistiche scene del quotidiano; qui il sapore ironico delle descrittività elargisce ibridismo formale sia nella parte letteraria come nello scorrere della musica.
Renzo Masutto sfrutta il suo ‘essere minore’ non per un senso d’inadeguatezza rispetto ai grandi Rossini o Donizetti, ma si affianca al contemporaneo Mascagni di Cavalleria Rusticana, perché il verismo canta la disgregazione sociale ed il potere culturale della borghesia; la seconda metà dell’Ottocento predilige una musica più leggera, più attraente e meno complicata.
Siamo nel mondo delle sartine in cui compiacere la distinzione dei livelli sociali voleva dire compiacere un pubblico in cui frivolezza e civetteria convivevano con espressionistica introspezione. A farla breve era finito anche il classicismo dei grandi maestri dall’ethos più alto come quello predicato dal duo Mozart – Da Ponte rimangono solo frammenti di una socialità incentrata sulla convenienza.
Si atomizza il pezzo di bravura nel ‘piccolo foglio d’album’ poiché, il classicismo di una sonata,implica un tempo troppo lungo di introspezione. Anche nell’Operina di Masutto,le forme universalmente valide, cariche di studio e di conoscenza, si semplificano per un pubblico che apprezza aggettivi musicali quali ‘brillante’e ‘pungente’ a scapito dei valori della grande bellezza. Questo però non è un demerito dell’autore, ma rivela la tendenza stilistica dell’epoca e riconverte le certezze di un tempo in piacevoli cartoline illustrate. L’operina termina con la semplicità del sorriso e trasmette serenità e buon ordine.